Antisemitismo. Una parola pesante come piombo. Nell’aula il silenzio è teso, quasi irreale. Graziano Delrio prende posto davanti ai microfoni, mentre decine di sguardi lo osservano come se stesse per accendere una miccia. E proprio in quel momento, quasi come un segnale involontario, Elly Schlein lascia cadere la penna. Un rumore secco, minimo, ma sufficiente a far voltare più teste del previsto. Lui non si ferma. Inspira lentamente, come chi sa che non ci saranno seconde possibilità. Qualcuno mormora: “Non può dirlo… non deve dirlo…” Ma Delrio procede. Non arretra. Non chiede perdono. Non si corregge. «Non torno indietro. Nessuno mi può chiedere abiure.» Le sue parole cadono una dopo l’altra come colpi di martello, e in quell’istante i volti cambiano: alcuni irrigiditi, altri scossi, altri ancora furiosi. Sul tavolo restano documenti, note, dossier con domande che nessuno voleva toccare. Il PD cercava stabilità, ma ciò che ha ottenuto è una crepa profonda che potrebbe allargarsi. E ora la stanza intera si fa una sola domanda, muta, tagliente: chi sarà il prossimo a tremare?

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