Aula blindata, ma impossibile trattenere il caos: Elly Schlein si alza, guarda Meloni con un sorriso sicuro, quasi arrogante, come se avesse già vinto. “Presidente,” dice scandendo ogni parola, “lei può negare quanto vuole, ma sappiamo tutti dei colloqui riservati, delle firme nascoste, dei patti segreti. E ora gli italiani lo sapranno.” Un brusio gelido attraversa l’aula. Qualcuno bisbiglia: “Ha le prove?” Ma Meloni non trema: si alza lentamente, come un predatore che ha finalmente visto la sua preda scoprirsi. “Onorevole Schlein,” risponde con un mezzo sorriso, “se vuole parlare di segreti, allora dovremmo mostrarli tutti. Non solo quelli convenienti.” Le telecamere zoomano. Meloni estrae una cartellina sigillata. La Schlein sbianca. “Vede… gli accordi non sono quello che pensa. O meglio… non sono solo miei.” Silenzio totale. Qualcuno lascia sfuggire un “No… non è possibile.” Meloni continua, voce bassa, ma devastante: “Ci sono documenti, firme, trasferimenti. E il suo nome compare più volte. Sa cosa significa?” Un microfono cade. Qualcuno grida alla trappola. L’opposizione esplode, poi si alza e abbandona l’aula in massa, mentre Meloni conclude con una frase che gela milioni di spettatori: “La verità non è più sotto chiave. E presto… molto presto… qualcuno sarà costretto a scappare.” Ora l’Italia si chiede una sola cosa: Meloni bluffa… o sta per far saltare un sistema costruito per non essere mai scoperto?

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